UNA MAMMA SULLA LUNA

martedì 12 gennaio 2010

I segni di un trauma

Per ben due volte, nella stessa settimana, ho letto e sentito le parole "merce avariata", "danneggiata", a proposito dei bambini vittime di un grave trauma. Rapimento, prigionia, abuso.
Ho letto queste parole in un romanzo di una norvegese e le ho sentite in un telefilm americano.
Nel romanzo si diceva che la piccola protagonista dell'evento traumatico non sarebbe stata più capace di essere se stessa, di essere lei.
Immagino si parlasse della possibilità di crescere sviluppando quella capacità di essere autentici che viene solo dalla libertà. Io credo che questa "libertà di essere" sia in effetti legata ad un "ambiente sufficientemente buono", per usare le parole di Winnicott. Se non siamo completamente in balia dei nostri geni né inerti pupazzi del gioco dettati dall'ambiente in cui ci capita di nascere e crescere è pur vero che...
Tutto conta insomma, tutto "fa", in un certo senso. Quello che conta è la misura. Come se ci fosse una soglia che un evento deve superare per diventare rilevante, incisivo, per provocare un cambiamento, per dare una direzione alle cose. Questo vale soprattutto per le cose che possono andare storte. Perché nel buono c'è una vasta gamma che va dal sufficientemente buono in "su" e questo permette il fluire delle cose nel loro verso, un libero sviluppo delle potenzialità di un bambino. C'è poi una fascia di "tolleranza" in cui chissà come va, ci sarà il bambino più forte e quello più vulnerabile. Come in chimica in un certo senso, come una sostanza che entra in contatto con un elemento reagente. Tutto tra gli esseri umani è interazione...
Ma poi probabilmente, superata una certa soglia si passa al cattivo. Anche qui la gamma è vasta. Maltrattamento può essere anche una frase rabbiosa, usare continuamente l'ironia con un bambino ancora non in grado di capirla, usare frasi paradossali che lo confondano continuamente. E uno schiaffone? eh si, secondo me si. Se è una cosa frequente un bambino finisce per crescere credendo che l'aggressività e la violenza siano reazioni "normali" alla rabbia. Perché non si fanno queste cose per punire il bambino o, in qualsiasi senso volessimo metterla, "per" il bambino, per insegnargli qualcosa. Lo si fa "sul" bambino e sempre e solo per rabbia. In un bellissimo libro di Vittorino Andreoli si dice che qualsiasi cosa che non rispetti il bambino come persona è maltrattamento. Poi si sale e si arriva a un'altra soglia, quella del non ritorno, quella della non possibilità, dell'impotenza. L'abuso vero. Quello che può rendere un bimbo "damaged good", merce avariata. Un espressione orribile. Troppo forte forse. Ma proprio per questo ci ho riflettuto a lungo. Sarà davvero così? Come se ci fosse un punto in questo continuum segnato da soglie diverse, un punto di non ritorno? Come se parlassimo di qualcosa che si rompe e non si può riparare, come per un Handicap per cui la terapia e la riabilitazione possano fare davvero ben poco? Come se, si va bene, la psicoterapia, il sostegno, l'amore... no, niente che sia sufficiente. Come una ferita che possa guarire ma cavoli... la cicatrice è così grande e vistosa e ogni tanto tira, fa male... e farà male per sempre.
Ci ho pensato tanto. Ho pensato al mio passato e a quali soglie devo aver toccato, come se davvero ci fosse un posto in una scala e non è così. Ho pensato a quanta paura ancora ho dentro. Ho pensato a quanta di quella paura è dovuta all'esser stata una bimba fragile "di per sé" e quanta a quell'ambiente così poco sufficientemente buono, quanta alle cose cattive che capitano più facilmente, naturalmente, ai bimbi che non han dentro quella pellicola protettiva e che non sviluppano quel "radar" per i pericoli tipico dei bimbi che crescono in un ambiente più buono.
Winnicott parla di "madre sufficientemente buona" e ha scritto molto sui primi mesi di vita, quelli in cui la mamma è davvero tutto l'ambiente del bambino, proprio tutto quanto. Per me è stato emozionante provarci, provare a essere una brava mamma e mi ha fatto crescere tanto e probabilmente ha guarito delle parti di me e fatto ricominciare a pulsare tante piccole parti di me che la paura aveva addormentato. Sono sicuramente una persona più viva. E passi se mi dicono che vizio i miei bambini. Passi se mi alzo la notte invece di lasciar piangere Paolotto nel suo lettino, aspetto un poco, un minuto, due minuti, mi dico che si deve solo abituare, che vuole esser solo preso in braccio, non sta male, non ha niente che non va, vuole solo la mamma e attaccarsi al seno per riaddormentarsi, non c'è bisogno di preoccuparsi, sarebbe meglio lasciarlo piangere e tra due giorni si è già abituato, si toglie sto vizio di chiamar la mamma...
due minuti e dieci secondi e son già davanti alla sua porta...
Pazienza.
E amore.
E pazienza.
E amore.

E amore.

3 commenti:

  1. Non avariata, sicuramente danneggiata.

    Ad ogni trauma il terreno fertile viene minato, reso impraticabile, viene sparso il sale. Analogamente, un terreno non esplorato diventa incolto, pericoloso.

    E` possibile una bonifica? Una chiazza, si`. Una palude? Probabile. Un deserto, una petroliera affondata? Forse, ma a quali costi?
    Una grande dose di volonta` e fiducia. Merce rara, preziosa.

    Un bacio

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  2. Non è pazienza, è amore...un bambino che piange, chiede la mamma, se la mamma non accorre, il bambino non sta crescendo, si è solo rassegnato all'assenza. L'autonomia si insegna gradatamente... Anche a me dicono che vizio i miei figli, li bacio e li abbraccio troppo, dico loro tanti "ti voglio bene"...io ho provato l'assenza dell'amore, ho una ferita che mi accompagnerà sempre, ma a volte ringrazio quel dolore, perchè se sono la mamma che sono è perchè ho provato la sofferenza, riesco a donare amore perchè ho sentito sulla mia pelle l'indifferenza. Non siamo merce avariata, abbiamo delle cicatrici in più, ma la bellezza non sta nella perfezione, è nell'insieme...Germana

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  3. Anche io, amando, mi ritrovo fuori da schemi conosciuti. come si fa, ad amare, l'ho dovuto, in larga parte imparare da sola, per questo è così emozionante per me, così importante e... così terapeutico anche.
    A volte mi ritrovo stupita a dirmi che ci riesco, che ne sono capace... perchè o si impara o non si impara. E l'altra strada, quella dove tutto si chiude e si stropiccia, quella di quei corpi che non si aprono alle carezze o ai colpi della vita, imparando nuovi linguaggi del corpo e della mente, dove tutto rimane stretto e muto... ecco, l'altra strada, poteva capitare anche quella. E se l'orizzonte si è aperto e il quadro s'è fatto grande e la cicatrice è solo una parte, visibile ma parte di un insieme, come dici tu Germana, un insieme vivo, pieno di colore... se è così siamo fortunate. Se riesco ad accarezzare i miei bambini e a dir loro quanto io li ami sono fortunata.
    Grazie per le vostre parole

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